sabato, novembre 17, 2018

I sandali di Gesù

Io avrei voluto stare con Gesù per questo, per imparare da lui come si vive, l'esegesi della vita, per imparare, anche dai minimi gesti, il rapporto esatto con le cose, con le creature, con il denaro, con sé stessi, con Dio. Con la realtà. Per imparare la sapienza del vivere: come si lavora, come si mangia, come si vuol bene, come si ride, come si gusta la vita e il pane e il profumo. E so che potrò amare la divinità di Gesù soltanto amando prima la sua umanità. Avrei voluto vedere i suoi sandali, non solo i discorsi alti, ma il passo leggero con cui calcava la terra, come impugnava il bastone che consegna ai dodici quando li invia; vederlo osservare le canne sbattute dal vento, come beveva il vino, come gioiva per il nardo versato su di lui. Innamorato della realtà.

Gesù amava la realtà laica delle strade e il linguaggio laico della casa, le parole che usa sono sempre parole di casa, di orto, di lago, di campo, di vigna, di forno. Per dire Dio sceglie la parola «abbà», la lingua dei bambini in casa e non quella dei rabbini in sinagoga. Parole di tutti i giorni, che raggiungono tutti, dirette e immediate, come la vita. Ermes Ronchi, Messaggero di Sant'Antonio, novembre 2018


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