martedì, dicembre 23, 2008

L'asino del presepe

Cercate di capirmi: non era giorno, ma la notte era diventata più chiara del giorno e la musica veniva da esseri che non vedevo, ma che sentivo: dovevano essere senza numero. Cantavano meglio dei mandriani della mia terra lontana. La donna era seduta sullo strame, e l'uomo chino presso di lei. C'era tanta luce che non so di dove venisse, se dalla donna o da dove. Poi vidi. Aiutata dall'uomo, la donna cercava di fasciare alla meglio un bambino. Era nato un bambino mentre io sonnecchiavo. Lo vedevo sotto i miei occhi, in grembo alla donna che lo baciava. Era un bimbo piccolo come gli altri. Eppure, ad un tratto, quando i miei occhi lo guardarono meglio, mi sentii come inaridire le vene dalla gioia. Non sapevo perché, ma fui sicuro che il mondo era cambiato. Mi sentii intenerire. Feci un raglio di giubilo, ma discreto; fu la prima volta che ragliai sottovoce. E, insieme al bue, cominciai a leccare il bambino e a fiatargli sopra, perché non tremasse troppo. Poi capitò tanta gente con doni e feste, ma i primi a fargli compagnia fummo il bue e io. L'uomo non capisce perché guardo sempre per terra, e perché ogni tanto raglio senza motivo. È perché per me il cielo l'ho visto la prima volta per terra, in grembo a una donna, e a ogni passo che faccio, sotto qualunque soma, ho l'assurda speranza di rivederlo ancora, prima di rientrare nel mio nulla. Nemmeno sa l'uomo perché sono paziente e quasi mai mi ribello alla sua durezza. È perché l'unica volta che ho carezzato il mio Creatore, quella notte, anch'egli aveva la forma d'un figlio di donna.
Nazareno Fabretti
 

L'arte di amare

La prima qualità dell'amore cristiano è amare tutti. Quest'arte di amare vuole che amiamo, come fa Dio, tutti, senza distinzione. Non c'è da scegliere tra simpatico o antipatico, vecchio o giovane, connazionale o straniero, bianco o nero o giallo, europeo o americano, africano o asiatico, cristiano o ebreo, musulmano o induista… Utilizzando un linguaggio oggi abbastanza noto,  possiamo dire che l'amore non conosce "alcuna forma di discriminazione". Chiara Lubich

lunedì, dicembre 22, 2008

Non di solo pane

"L'uomo non vive di solo pane.
Ha bisogno di luce, di bellezza, di interiorità.

La nostra società si accanisce sul consumo, sul benessere,
e ci rende eleganti eppur volgari, pasciuti eppur vuoti.

Abbiamo perso la capacità di fermarci a contemplare,
di gustare la poesia,
di gioire delle cose semplici e nascoste".

 Gianfranco Ravasi

 

giovedì, dicembre 18, 2008

Ci vogliono i poveri

Fanno paura i poveri, ma c'è qualcuno che li vorrebbe moltipli­care.
 Ci vuol bene chi lavori e porti il peso. Più poveri ci sono e più numerose le braccia che domandano lavoro. Quindi, concorrenza… delle braccia, possibilità di scelta, minor costo. Mi giudicherete fa­cinoroso e falso perché nessuno ha la spudoratezza di dirle certe cose. Abbiamo imparato a memoria il vocabolario della buona creanza sociale e certi segreti intendimenti non li scoperchiamo: ma in fondo a certe maniere di giudicare e sopratutto a certe maniere di comportarci, c'è la diabolica voglia di moltiplicare i poveri per poter meglio scegliere e pagarli peggio. Quando il portafoglio ha preso il posto del cuore, il diavolo può mettersi tranquillaménte a riposo; lo scolaro gli bagna il naso.
Qualcuno li vuole per una ragione romantica. Non so trovare una parola più propria, né mi sforzo di cercarla. Quando certi sen­timenti mi fanno groppo, non sto a guardare nel vocabolario.
Una pennellata di colore ci vuole, se tutti fossimo vestiti bene, che mono­tonia! Vicino alla pelliccia profumata ci vuole un povero scialle strappato; una blusa rattoppata vicino all'abito da sera.
Ci vuole un piede nudo lungo il marciapiede tra tante scarpe di mocassino. Chi sta bene può anche vedere le cose sotto l'aspetto estetico. Egli vive di immagini, quasi fosse sempre a teatro, sempre spettatore, mai at­tore: mentre gli gioverebbe mettersi nella realtà per capire come sia diverso fare il povero dall'immaginarlo. Poi, c'è anche la maniera ro­mantica di aiutare il povero. Se non ci fossero i poveri come si po­trebbe diventare benefattori? Se un nostro contadino o un nostro operaio hanno una bella figliuola, si può anche vestirla bene per farsela amica o compagna.
E poi ci si diverte per i poveri.
C'è così bisogno di denaro anche per la beneficenza, che non c'è proprio il caso di annusarlo.
Mi ci son trovato e mi è venuto voglia di buttarlo via. Poi, mi si è affacciato chi aveva fame e ho dovuto riprendere in mano anche questo denaro.
Dicevano gli antichi che il denaro non puzza. Non puzza, ma ripugna.
Ci si diverte e si fa del bene: ci si diverte facendo del bene.
Allora io penso che certi divertimenti non avrebbero gusto se non ci fosse legato il gusto di fare un po' di bene. Mi pare di scor­gere sul volto, dei godenti, la noia del godere e mi vergogno di pensare che qualcuno abbia bisogno di misurare il proprio benes­sere sullo star male degli altri. Quanto potrà durare? I vetri sono fragili e uno schermo di vetro fra i due mondi, è uno schermo che fa ridere.
S. Paolo, parlando di evangelizzatori non autorizzati, conclude­va: "purché Cristo sia predicato". Vorrei dire, pensando a chi si diverte per i poveri: "purché il povero entri nel cuore dei ricchi ".
Oggi, entra ballando, ma domani potrebbe divenire una presenza umana.
Dio si serve di tante strade e dei materiali più diversi per creare un tabernacolo ai suoi prediletti.
Però se volete che vi dica fino in fondo il mio pensiero su que­sta moda, eccovelo:
È una brutta moda borghese e mi rincresce che il proletariato stia per appropriarsela, scambiandola per una stra­da di solidarietà. Io ne conosco un'altra più bella: costa un pochino di più, ma il povero vi può passare senza sentirsi umiliato.                              
Don Primo Mazzolari   ("Adesso" n. 8 – 30 aprile 1949)

mercoledì, dicembre 17, 2008

Il cielo in una casa

Nella mia casa ci sono due stanze,
due lettini, una piccola finestra,
e un gatto bianco.
Nella mia casa mangiamo
solo la sera
quando il babbo torna a casa
con il sacchetto pieno di pane
e di pesce secco.
Nella mia casa siamo tutti poveri,
ma il mio babbo ha gli occhi celesti,
la mia mamma ha gli occhi celesti,
il mio fratello ha gli occhi celesti e
anche il gatto ha gli occhi celesti.
Quando siamo tutti seduti a tavola,
nella nostra casa,
sembra che ci sia il cielo
 Una bimba del Costarica

Se un bambino

Se un bambino vive nella critica, impara a condannare.
Se un bambino vive nell'ostilità, impara ad aggredire.
Se un bambino vive nell'ironia, impara ad essere timido.
Se un bambino vive nella vergogna, impara a sentirsi colpevole.
Se un bambino vive nella tolleranza, impara ad essere paziente.
Se un bambino vive nell'incoraggiamento, impara ad avere fiducia.
Se un bambino vive nella lealtà, impara la giustizia.
Se un bambino vive nella disponibilità, impara ad avere una fede.
Se un bambino vive nell'approvazione, impara ad accettarsi.
Se un bambino vive nell'accettazione e nell'amicizia, impara a trovare l'amore nel mondo.
Dorothy Law Nolte

martedì, dicembre 16, 2008

Sperare

Sperare vuol dire continuare ad amare e a credere
malgrado le volte che ci siamo ingannati,
malgrado le volte che abbiamo ingannato.
Louis Evely

lunedì, dicembre 15, 2008

Caro fratello

Amo molto tutti voi e amo la giustizia.
Non approviamo la violenza, malgrado riceviamo violenza.
Il padre che vi sta parlando ha ricevuto minacce di morte.
Caro fratello, se la mia vita ti appartiene, ti apparterrà pure la mia morte.
Ezechiele Ramin, missionario comboniano, 1953-1985

venerdì, dicembre 12, 2008

I poveri fanno paura

Io non li ho mai contati i poveri, perché non si possono con­tare: i poveri si abbracciano, non si contano. Eppure v'è chi tiene la statistica dei poveri e ne ha paura : paura di una pazienza che si può anche stancare, paura di un silenzio che potrebbe di­ventare un urlo, paura del loro lamento che potrebbe diventare un canto, paura dei loro stracci che potrebbero farsi bandiera, paura dei loro arnesi che potrebbero farsi barricata.
E sarebbe così facile andare incontro al povero! ci vuoi così poco a dargli speranza e fiducia! Invece, la paura non ha mai suggerito la strada giusta.
Ieri, fu la paura che pagò manganellatori: e non vorrei che oggi la paura consigliasse di nuovo a qualcuno di foraggiare quel qualsiasi movimento di reazione invece di essere giusti verso co­loro che hanno diritto alla giustizia di tutti.
Ma c'è da perdere, oggi, a far lavorare.
Chi vi ha detto che si debba sempre guadagnare quando diamo il lavoro? Prima del guadagno, c'è l'uomo: prima del diritto al guadagno, il diritto di vivere. Sta scritto infatti: «tu non ucci­derai ».
Il guadagno può farci omicida: e Giuda ha venduto il Sangue del Giusto, per trenta denari.
 
La paura fa anche dire: — Non sono mai contenti i poveri. Diamo cinque ed è come non glieli avessimo dati: diamo dieci e il volto non cambia. La ragione c'è e non vi fa onore…
Date cinque e con la mano tenete il cuore chiuso: date dieci e il cuore lo tenete ancora più chiuso.
Perché teniamo il cuore chiuso con i poveri? crediamo forse ch'essi abbiano soltanto bisogno d'aumenti?
La povertà non si paga: la povertà si ama.
Per questo motivo non raggiungeremo mai l'incontro lungo la strada delle concessioni. Fino a quando ci sarà una classe che può concedere e una classe che può reclamare un diritto, non avremo il ponte.

Qualcuno trova più comodo e redditizio distrarre e stordire il povero con i divertimenti, onde fargli dimenticare che ha qualche cosa da chiedere una richiesta di giustizia da presentare. Per to­gliergli dignità, per togliere, al povero la sua eminente dignità, lo si stordisce.
I patrizi della decadenza avevano creato il tribunum volupta­tum per sollazzare i poveri. Ho l'impressione che molti, borghesi e no, si assumerebbero volentieri, direttamente o indirettamente, il poco nobile ufficio.
I poveri che si divertono non fanno le barricate: i popoli che si abbruttiscono si possono comperare.             
 Don primo Mazzolari  ("Adesso" n. 7 – 15 aprile 1949)

giovedì, dicembre 11, 2008

Beati coloro

Beati coloro
che hanno scelto
di vivere sobriamente
per condividere i loro beni
con i più poveri.
Beati coloro che rinunciano
a più offerte di lavoro
per risolvere
il problema dei disoccupati.
Beati i funzionari
che sveltiscono
gli iter burocratici
e tentano di risolvere i problemi
delle persone non informate.
Beati i banchieri,
i commercianti
e gli agenti di vendita
che non approfittano
delle situazioni
per aumentare i loro guadagni.
Beati i politici e i sindacalisti,
che si impegnano a trovare
soluzioni concrete
alla disoccupazione.
Beati noi
quando smetteremo di pensare:
"Che male c'è nel frodare,
tanto lo fan tutti".
Allora la vita sociale
sarà un'anticipazione
del Regno dei Cieli.
Paul Abela

mercoledì, dicembre 10, 2008

Ogni giorno

Ogni mattina è una giornata
intera che riceviamo.
Una giornata preparata
apposta per noi.
Non vi è nulla di
troppo e nulla
di non abbastanza,
nulla di indifferente
e nulla di inutile.
È un capolavoro
di giornata che viene a
chiederci di essere vissuta.
Noi la guardiamo
come una pagina
d'agenda, segnata d'una
cifra e d'un mese.
La trattiamo alla
leggera come un foglio
di carta.
Se potessimo
frugare il mondo e
vedere questo giorno
elaborarsi e nascere
dal fondo dei secoli,
comprenderemmo
il valore di un solo
giorno umano.

 Magdaleine Delbrel

venerdì, dicembre 05, 2008

Il dono

Ci sono quelli

che danno poco del molto che hanno

e lo danno per ottenere riconoscenza,

e il loro desiderio guasta i loro doni.

E ci sono quelli

che hanno poco e lo danno tutto.

Sono proprio loro

quelli  che credono nella vita

e nella generosità della vita,

e il loro scrigno non è mai vuoto.

Ci sono quelli che danno con gioia,

e questa gioia è la loro ricompensa.

E ci sono quelli che danno con dolore,

e questo dolore è il loro battesimo.

E ci sono quelli che danno

e nel dare non provano dolore

né cercano gioia

né danno pensando alla virtù.

Essi danno come in quella valle laggiù

dove il mirto esala nello spazio la sua fragranza.

Per mezzo delle mani di gente come loro

Dio parla e dietro ai loro occhi

egli sorride alla terra.

È bene dare quando si è richiesti,

ma è meglio dare quando,

pur non essendo richiesti,

comprendiamo i bisogni degli altri.

E per chi è generoso,

il cercare uno che riceva

è gioia più grande che non il dare.

E c'è forse qualcosa che vorresti trattenere?

Tutto ciò che hai

un giorno o l'altro sarà dato via.

Perciò dà adesso,

si che la stagione del dare sia la tua,

non quella dei tuoi eredi.
G. Kahli Gibran

giovedì, dicembre 04, 2008

Resta con noi

A tutti i cercatori del tuo volto
mostrati, Signore;
a tutti i pellegrini dell'assoluto,
vieni incontro, Signore;
con quanti si mettono in cammino
e non sanno dove andare
cammina, Signore;
affiancati e cammina con tutti i disperati
sulle strade di Emmaus;
e non offenderti se essi non sanno
che sei tu ad andare con loro,
tu che li rendi inquieti
e incendi i loro cuori;
non sanno che ti portano dentro:
con loro fermati poiché si fa sera
e la notte è buia e lunga, Signore.

David Maria Turoldo

martedì, dicembre 02, 2008

Orizzonti

Qualunque sia la tua condizione di vita non lasciarti imprigionare dalla ristretta cerchia della tua piccola famiglia. Una volta per tutte adotta la famiglia umana. Bada a non sentirti estraneo in nessuna parte del mondo. Sii un uomo in mezzo agli altri. Nessun problema, di qualsiasi popolo, ti sia indifferente. Vibra con le gioie e le speranze di ogni gruppo umano. Fa' tue le sofferenze e le speranze di ogni uomo.
Vivi la scala mondiale, o meglio ancora, universale.  Helder Camara