Non mi voglio fossilizzare attorno all'idea della morte
ma all'idea che c'è una vita,
anche tutti i giorni.
Quello che mi spiace tanto
è scoprirlo solo adesso.
Franco Di Mare
Come nasce questo blog? Da Claudio che invia regolarmente una e-mail ai suoi amici con brani acchiappati qua e la. Testi che aiutano a riflettere a farsi delle domande o a cercare delle risposte non banali, non conformiste, non retoriche. Al mio invito di raccoglierle in un blog, Claudio ha risposto più o meno...." se vuoi pensaci tu" E io ho raccolgo la sfida!
Non mi voglio fossilizzare attorno all'idea della morte
ma all'idea che c'è una vita,
anche tutti i giorni.
Quello che mi spiace tanto
è scoprirlo solo adesso.
Franco Di Mare
Ogni tanto guardo l'erba
e probabilmente l'erba mi guarda a sua volta:
che ne sappiamo?
Knut Hamsun, Pan
Noi siamo poco incarnati. Non possiamo comprendere l'Incarnazione di Dio se, a nostra volta, noi non siamo incarnati nel nostro corpo. Penso che la nostra società soffra un deficit nella comprensione del corpo, nell'accettazione della piena unità dell'umano in spirito e corpo. Una grande filosofa della scienza ad Oxford ha scritto che tutte le tentazioni della nostra cultura occidentale vengono dalla paura del corpo. Dalla classicità greca, al manicheismo, al neoplatonismo, a Cartesio si è sempre enfatizzato il concetto per cui l'umano si risolva nella sua mente, e quindi la tentazione del dualismo tra anima e corpo. Credo, dunque, che una grande sfida per i cristiani oggi, non sia soltanto quella di adeguarsi ad un mondo e a un uomo che cambiano, ma soprattutto indirizzare l'uomo di oggi ad una più completa comprensione di se stesso. Anche della sua corporeità. Oggi il nostro mondo appare malato soprattutto sul versante della corporeità, che è al centro di tutti i nostri discorsi, pensate alle malattie dell'alimentazione, alle cure palliative del fine vita, al dominio della fitness, alla rimozione della morte corporale. E la nostra dottrina ha molto da dire sul corpo. Anzi è fondata sul corpo. Sul dono di Gesù espresso con le parole: «Questo è il mio corpo dato per voi». La resurrezione del corpo. La cura e la salvezza che passa attraverso il corpo. Eppure siamo molto spesso riluttanti ad annunciare questo «Vangelo del corpo». Noi possiamo incontrare Dio attraverso i sensi del nostro corpo. Non solo attraverso la mente. Gesù si è rivelato in quel modo, incarnandosi. Come possiamo dunque incarnarci in noi stessi? La buona notizia è anche che io sono carne e sangue proprio come il mio Dio. Questa è la nostra affinità con Dio. Guardavo nei giorni scorsi i miei fratelli e sorelle nel Sinodo e mi domandavo: quanti di loro hanno consapevolezza della loro affinità con Dio attraverso la loro corporeità? Quanto della nostra conclamata spiritualità è relazionata alla nostra esistenza fisica? Tra i cristiani di oriente è diffusa la pratica dello yoga, che è un esercizio che si fonda sulla unità tra corpo e spirito. Ma ancora oggi tra molti cristiani occidentali lo yoga è visto con molto sospetto. L'uomo non può conoscere compiutamente Dio se non è riunificato. Ma quanti di noi possono effettivamente dirsi uno? La vita sacramentale è una vita del corpo, e dei suoi sensi. Ogni sacramento si fonda sulla nostra esperienza corporea. Timothy Radcliffe
Non è importante che pensiamo le stesse cose…
ma che tutti abbiano il proprio libero respiro.
Aldo Moro
La nostra società non è teocentrica né antropocentrica. Tanto meno è cristiana, poiché il Cristianesimo esige tutti e due quegli elementi e noi non ne possediamo più neanche uno. Tanto meno è civile, se diamo ancora alla parola civiltà un contenuto positivo, e non ci rassegniamo a umiliarla nella triste, derisoria inflazione che hanno già subito altre grandi parole come libertà e giustizia. Gli antichi oscillarono fra i valori divini e i valori umani, ora mettendo più forte l'accento sui primi, ora sui secondi. Ma noi abbiamo soppresso gli uni e gli altri. È in questo che consiste l'essenza mostruosa del mondo contemporaneo, la nuova orrenda novità. Margherita Guidacci, da "Il nostro mondo", 'articolo pubblicato sulla rivista Rassegna, settembre 1945
Dovrei chiedere scusa a me stessa per aver creduto sempre di non essere mai abbastanza. Alda Merini
Chi non spera quello
che non sembra sperabile
non potrà scoprirne la realtà,
poiché lo avrà fatto diventare,
con il suo non sperarlo,
qualcosa che non può essere trovato
e a cui non porta nessuna strada.
Eraclito
Nel momento in cui capiamo che la possibilità di fare la guerra o di non farla è dentro di noi, possiamo veramente contribuire a che l'odio si spenga e — ognuno con la sua piccola vittoria interiore — cambiare il mondo. Sì, anche noi possiamo far sì che le guerre finiscano! Ciascuno di noi, nel suo piccolo, ogni giorno, può farlo. Senza aspettare i potenti. Arnoldo Mosca Mondadori
Se il pianeta in questi tempi è messo a ferro e fuoco la colpa è mia. Anche mia. Ma altrettanto è mia la responsabilità della pace. Anche mia: basta che io, quando vengo attaccato, decida di lasciar agire l'amore, spegnendo ogni cattiveria prima dentro di me, e poi fuori. Odiare fa star male, perdonare dà benessere. Arnoldo Mosca Mondadori
Sei ancora viva, vecchia mia?
Sono vivo anch'io. Saluti a te, saluti!
Che scenda sulla tua casetta
Quella ineffabile luce serale.
Mi scrivono che ti consumi nell'angoscia
E che sei molto triste per me,
Che spesso vai per strada
Nel vecchio golfino fuori moda.
E tu nella azzurra oscurità serale
Spesso scorgi la stessa cosa:
Che qualcuno in una rissa da taverna
Mi tiri una coltellata sotto il cuore.
Niente di tutto ciò, mamma! Stai tranquilla.
È solo una fantasia penosa.
Non sono ancora un bevitore così gramo.
Da morire senza averti visto.
Io come sempre ti voglio bene
E sogno solo, più presto
Della angosciosa malinconia,
Di far ritorno alla nostra casa poveretta.
Io tornerò quando il bianco giardino
A primavera dispiegherà i suoi rami.
Solo non svegliarmi all'alba,
Come otto anni fa.
Non ridestare un sogno che è svanito,
Non smuovere ciò che non si è avverato;
Una troppo precoce perdita e stanchezza
Mi è toccato di provare nella vita.
E non insegnarmi a pregare! Non serve!
Non è possibile più tornare al passato.
Tu sola mi sei d'aiuto e conforto,
Tu sola sei la mia ineffabile luce.
Perciò dimentica le tue ansie,
Non essere troppo triste per me.
Non andare così spesso per strada
Nel vecchio golfino fuori moda.
Sergéj Aleksándrovič Esénin, "Lettera alla madre" (Traduzione di Lucio Coco)
L'origine dei conflitti è la tendenza alla reazione che ognuno di noi ha innata dentro, convinti come siamo che un'altra via non sia possibile, che l'alternativa non esista. E il meccanismo per cui questo accade è assolutamente identico nelle grandi guerre scoppiate tra i popoli o invece nei minimi conflitti tra individui: lo scontro ci appare ineluttabile senza esserlo, così lo vede il nostro pensiero distorto. L'errore compiuto dai singoli diventa errore dell'intera umanità, il piccolo odio di ognuno, moltiplicato per i sette miliardi di uomini e donne che siamo, diventa guerra mondiale. Arnoldo Mosca Mondadori
Non voglio che tu divenga il ludibrio del mondo.
Ti lascio lo stesso sole che mi
ha lasciato mio padre.
Le stelle brilleranno le stesse
e le notti le stesse
ti chiameranno a un dolce
sonno,
il mare ti riempirà di sogni.
Ti lascio
il mio sorriso amaro perché
tu lo dissipi,
solo non mi tradire. Oggi il
mondo
è povero. Ha sanguinato
molto questo mondo
ed è rimasto povero. Diventa
ricco
guadagnando l'amore del
mondo.
Ti lascio la battaglia terminata a metà
e la mia arma con la canna fumante.
Non appenderla al muro. Il
mondo ne ha bisogno.
Ti lascio il mio lamento. Tanto dolore
guadagnato nelle battaglie
del mio tempo,
ricorda. Ti lascio questo comando.
Ricordare vuol dire non morire.
Non dire che sono indegno,
che la disperazione mi ha portato
avanti
e che sono rimasto indietro in trincea. Ah, ho gridato
mille volte no, ma soffiava tanto
vento, pioggia
e grandine hanno sepolto la mia
voce. Ti lascio
la mia storia scritta con la mano
di una qualche speranza. Finiscila
tu.
Ti lascio le statue degli eroi
con le mani mozze, bambini che
non sono riusciti
a prendere una modesta forma
d'uomo,
madri abbrunate, giovani disonorate.
Ti lascio di Belsen e di Auschwitz il
ricordo.
Tu non tardare a diventare grande.
Nutri bene
il tuo tenero cuore con la carne
della pace del mondo ragazzo, ragazzo.
Impara, centinaia di migliaia di
tuoi fratelli innocenti
sono periti subito nelle fredde nevi
in una fossa comune e negletta.
E li chiamano nemici, oh, i nemici
dell'odio.
Ti lascio l'indirizzo della tomba
perché tu legga il mio epigramma.
Ti lascio gli accampamenti della
città
tra prigionieri che dicono
sempre di sì ma dentro di loro ruggisce
il no schiavo dei liberi
Sono anch'io uno di quelli
che di fuori dicono
il sì della necessità, ma dentro di me nutro il no.
È così che è andato il mio
tempo. Volgi
il tuo dolce sguardo al nostro
disgraziato tramonto.
Il pane è fatto pietra, l'acqua
fango
e la verità è un uccello senza
canto.
Questo ti lascio. Io ho trovato il coraggio
di essere fiero. Provati a vivere
Salta tu stesso l'ostacolo per
essere libero.
Aspetto che tu me lo dica.
Questo ti lascio.
Poesia di Kriton Athanasulis tratta dalla raccolta «Dyo anthropoi mes mou» («Due uomini dentro di me», Atene, 1957). Traduzione di Lucio Coco, L'Osservatore Romano, 16 aprile 2024
La nascita di un figlio annuncia un vasto futuro di cui noi non faremo completamente parte. Alejandro Zambra
Ama
saluta la gente
dona
perdona
ama ancora e saluta.
Dai la mano
aiuta
comprendi
dimentica
e ricorda
solo il bene
E del bene degli altri
godi e fai
godere.
Godi del nulla che hai
del poco che basta
giorno dopo giorno:
e pure quel poco
Se necessario
Dividi.
E vai,
vai leggero
dietro al vento
e il sole
e canta.
Vai di paese in paese
e saluta
saluta tutti
il nero, l'olivastro
e perfino il bianco.
Canta il sogno del mondo:
che tutti i paesi
si contendano
d'averti generato
Amen
David Maria Turoldo
Mi è stato detto che Francesco d'Assisi una volta si genuflesse davanti a un noto criminale, dicendo: «Mi inginocchio davanti alla presenza di Dio in te». L'uomo ne fu trasformato. Quale uomo non cambierebbe nel profondo — non importa quanto terribili siano i suoi errori — se potesse vedere la presenza di Dio in sé stesso? Come potrà mai vedere in sé questa Presenza se noi, che pretendiamo di crederci, non la vediamo prima?
Dale S. Recinella, Racconti dal "braccio della morte", Osservatore Romano 18 marzo 2024
Io credo e dubito insieme. Il mio dubbio e la mia fede camminano in parallelo lungo una frontiera comune, perché non abitano nello stesso paese. Il mio intelletto continua a sondare, perché Dio non ha a che fare con la scienza, la sua esistenza non si può dimostrare come due più due uguale quattro. E la mia fede avanza vigorosa, stabile, incrollabile nel proprio campo, il cuore, il ricordo, la ricettività, l'immaginazione.
Eric-Emmanuel Schmitt
A volte è come se stessimo tentando di svuotare il mare con un cucchiaio. Ma la pace è un fatto. È solo questione di tempo.
Guardate il Sud Africa, l'Irlanda del Nord, la Germania, la Francia, il Giappone, perfino l'Egitto. Vedete, niente è impossibile.
Colum McCann, "Apeirogon" (Feltrinelli)
Amare a parole non è sufficiente: è tempo di passare all'amore concreto. All'ora della globalizzazione della finanza e dei beni, in cui crescono come non mai gli egoismi, è urgente mobilizzare la famiglia umana e ribellarsi in nome della fraternità. Senza fraternità, la vita può diventare un inferno. Pedro Opeka
Molti mi dicono, sei fortunato
tu che hai trovato un lavoro sicuro
bello, tranquillo, interessante
e che ti rende decentemente
Io penso alle nostre serate stupide e vuote
ti passo a prendere cosa facciamo
che film vediamo, no l'ho già visto
tutto previsto
Molti mi dicono, non hai diritto
di lamentarti ti puoi permettere
qualche parentesi qualche evasione
tu che hai un lavoro di soddisfazione
Io penso alle nostre serate stupide e vuote
vuoi bere qualcosa
grazie, ho già preso il caffè su in casa
che cosa vuoi, niente ti annoi
Molti mi dicono, ma cosa cerchi
cosa pretendi, non fare il nevrotico
hai una ragazza che ti vuol bene
ti lascia libero, non ti fa scene
Io penso alle nostre serate stupide e vuote
le nove e un quarto, due passi al centro
destinazione, al solito bar
televisione
Io penso alle nostre serate stupide e vuote
Io penso alle nostre serate stupide e vuote
Giorgio Gaber, "Le nostre serate", 1963