Non molto tempo dopo il mio arrivo nel gulag, verso sera, un'ora prima della ritirata, mi si avvicinò un tale e mi chiese con cautela se non volessi ascoltare l'Apocalisse. Mi condusse nel locale della caldaia, dove era più facile nascondersi a delatori e carcerieri. Lì, nella penombra di quel covile simile a una caverna, si erano già raccolte, e si rimpiattavano negli angoli sedendo sui talloni, alcune persone e io pensai che ora qualcuno avrebbe estratto da sotto il giubbotto il libro o il fascio di fogli, ma mi sbagliavo. Illuminato dai bagliori rossastri della caldaia un uomo si alzò e cominciò a recitare a memoria, parola per parola, l'Apocalisse. Quindi il fuochista disse: "E adesso continua tu, Fjodor!". Fjodor si alzò e recitò a memoria il capitolo successivo.
Poi ci fu un salto nel testo, perché colui che sapeva la continuazione era a lavorare con il turno di notte. "Beh, lo sentiremo un'altra volta", disse il fuochista e dette la parola a Pjotr. A questo punto mi resi conto che quei detenuti, tutti semplici contadini che avevano da scontare pene di dieci, quindici, vent'anni di lager si erano suddivisi tutti i principali testi della Sacra Scrittura, li avevano imparati a memoria e, incontrandosi segretamente di tanto in tanto, li ripetevano per non dimenticarli.
Andrej Sinjavskij, http://www.gliscritti.it/antologia/entry/1581/weblog
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