Si ascolta con gli occhi. Si parte da lì. Guardando. Guardare chi si ha di fronte, e accogliere quello che ci sta dicendo, ancora prima che abbia aperto bocca. Ascoltare la sua figura, quello che ci dice il suo corpo. Perché i corpi parlano infinite lingue. Infine, ascoltare la sua voce. La voce è un suono di carne. E se la carne, o lo spirito, di chi ci sta parlando è schiacciato dal peso del dolore, quel suono ne risente, si incurva, spesso sprofonda, altre volte diventa sottile come la punta di un ago. E dice. Racconta. Rivela. O mente. Fugge. Ascoltare chi non ha parole, chi ne urla all'infinito, chi ce le dice odiandoci, piangendo, chi scappando via. Il dono, senza l'ascolto, non è che un dare per annullare, senza nulla aver dato veramente. Daniele Mencarelli, "L'Osservatore di Strada", n°3, ottobre 2022
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