sabato, ottobre 01, 2016

Una mamma

La vita è diventata un orologio.

Otto e trenta scuola elementare. Sbrigati o fai tardi.

Otto e quarantacinque asilo nido. Il pannolino è asciutto, puoi andare.

Ore nove scuola materna. Un bacino bimbi ben vestiti.

Mamma va a lavoro. Papà va a lavoro.

Torneremo a prendervi, cari pacchi ben consegnati.

Niente lacrime e niente drammi.

L'auto corre veloce. L'orologio corre veloce.

Perché non sono rimasta al sole, a fare capriole coi miei bimbi?

La vita la decide un altro tempo.

Quindici e trenta ritiro dal nido. Il bollettino della refezione.

Quindici e quarantacinque fine scuola materna. Il disegno da portare a casa.

Sedici e trenta: uscita dall'elementare. "Mamma, c'è un altro avviso".

Diciassette è ora di catechismo.

Diciotto corriamo che è finito il nuoto.

Diciannove ritorno dal calcio. Come è andata?

Ora venti, cena, ed è già tardi.

Ventidue ancora non avete lavato i denti?

Ventitré siete ancora alzati?

Ventitré e trenta ogni luce è spenta. Ogni urlata chetata.

Vorrei fermarmi, pensare, parlarvi, pregare.

Ma l'orologio indica il bollettino da compilare, l'avviso da firmare,

il cambio del nuoto da lavare, la borsa del calcio con il fango,

la tavola ancora apparecchiata, e tic tac ancora ancora.

Abbiamo fatto tutto. Abbiamo fatto così poco.

Cosa ci siamo detti? Come mai ancora oggi non vi ho parlato?

Vorrei farlo ora, sopra le vostre palpebre chiuse.

Appendo quel disegno sopra il vostro letto.

Mi sono dimenticata di dirvi quant'era bello.

Stefano Biavaschi


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