giovedì, agosto 31, 2023

Tanta speranza

Alcuni vivono nella speranza di essere preservati dalle tempeste della vita, questo è impossibile. Ci vuole pazienza, anzi bisogna avere davvero tanta speranza per cominciare qualsiasi cosa con poco. Paolo De Martino

 

mercoledì, agosto 30, 2023

Cultura della domanda

È stato lo studio della teologia a educarmi a una cultura della domanda. Mentre oggi siamo circondati da persone che hanno il culto della risposta. Michela Murgia

martedì, agosto 29, 2023

Eccedenza d'amore

Ogni madre mette a disposizione del figlio una sorta di eccedenza, una specie di credito illimitato. Ogni madre possiede tanto amore materno che nessun bambino, anche il più affettuoso, sarà mai in grado di restituirle, comunque non ora durante il periodo dell'attesa. La madre conserva questa eccedenza d'amore sempre disponibile sia per il figlio che per i suoi giorni a venire, belli o brutti che siano. Adrienne von Speyr

 

domenica, agosto 27, 2023

Saluti

"AdDio", "A-Dieu", "A-Diós". Anche in congedi provvisori spesso è evocato e invocato Dio. Solo pochi esempi di un fenomeno linguisticamente molto diffuso in tutto il mondo: "Dio ti benedica", "God bless you"; così pure nel probabilmente più diffuso congedo: "Go o dbye" e le sue abbreviazioni "Bye bye", "Bye", derivanti dall'inglese antico e medio "God by ye": "Dio sia con te". Così pure nella lingua moore del popolo Mõose, in Burkina Faso: "Wnd na maneg f sore": "Dio benedica la tua strada". Dio è ricordato anche in alcuni saluti iniziali; solo un paio di esempi: il gaelico "Dia Dut", "Dio sia con te" o il tedesco "Grüß Gott", "Dio ti benedica, Dio ti saluti". Insomma, sembra che quanto avviene durante i saluti sia così gravido di senso che è bene coinvolgere Dio. Ovvero è gravido di senso perché, sotto copertura, Dio ne è già coinvolto? Giovanni Cesare Pagazzi

sabato, agosto 26, 2023

Come gli adolescenti

Come gli adolescenti, che alzano la voce e sbattono le porte solo per essere sicuri di essere amati nonostante tutto, senza condizioni. A volte esagerano, d'accordo, ma hanno dalla loro la certezza che un amore che ponga condizioni semplicemente non è amore. Alessandro Zaccuri

venerdì, agosto 25, 2023

La mossa del topo

Ho fatto la mossa del topo, quello che costretto in un angolo da una scopa, non avendo più vie di fuga, per evitare il colpo ferale, aggredisce.

Michela Murgia

 

giovedì, agosto 24, 2023

Ho bisogno di appoggiarmi

"Ho bisogno di appoggiarmi un attimo", diceva Michela Murgia l'ultima volta che ci siamo visti. Ne abbiamo bisogno tutti, sempre, solo che spesso non abbiamo il coraggio di ammetterlo. Alessandro Zaccuri

mercoledì, agosto 23, 2023

Ricchi

I ricchi non sono mai generosi.

Se fossero generosi non sarebbero ricchi…

Paperon de' Paperoni

martedì, agosto 22, 2023

Poveri

Ci sono persone così povere, che l'unica cosa che hanno sono i soldi. Madre Teresa di Calcutta

lunedì, agosto 21, 2023

Vita offesa

Sei amato solo dove puoi mostrarti debole senza provocare in risposta la forza. Theodor W. Adorno "Minima moralia, meditazioni della vita offesa"

domenica, agosto 20, 2023

Segno della croce

«Ségnati!». Era questo l'invito che, con tono abbastanza perentorio, rivolgeva a me bambino mia madre, in particolare quando entravamo o uscivamo da una chiesa, ma anche in altre situazioni, quali il passaggio di un carro funebre oppure la benedizione quaresimale della nostra casa. «Ségnati» voleva dire «fatti il segno della croce», ma non c'era bisogno di specificarlo, tanta era la confidenza con questo gesto semplice e profondissimo che sia lei che io, ben lontano dall'essere esperti di teologia, percepivamo come riassuntivo di tutta la nostra umile fede cristiana. Oggi so che tale confidenza ci collocava all'interno di una tradizione luminosa e secolare, risalente addirittura agli albori del cristianesimo, come ci ricordano le seguenti parole di Tertulliano, riportate da Gaetano Passarelli nel suo agile e interessante volumetto intitolato Breve storia del segno della croce (Graphe.it, pagine 44, euro 8,00): « Per tutte le nostre azioni, quando entriamo od usciamo, quando ci vestiamo o facciamo il bagno, seduti a tavola o accendendo una candela, quando andiamo a dormire o a sederci, all'inizio del nostro lavoro, facciamoci il segno della croce». Maurizio Schoepflin, Avvenire, 19 luglio 2023

 

sabato, agosto 19, 2023

Bisogno di senso

La vita non ha bisogno di vittorie quanto di senso. Carl Gustav Jung, "In dialogo con Carl Gustav Jung" , Aniela Jaffé (Torino, Bollati Boringhieri, 2023, pagine 416, euro 30)

venerdì, agosto 18, 2023

Abbracci

Viene sempre un momento in cui dobbiamo dirci: "la cosa più importante non è capire", "la cosa più importante è abbracciare", e abbracciare anche ciò che non comprendiamo. José Tolentino De Mendonça

giovedì, agosto 17, 2023

Rifletteteci

Purtroppo la mia previsione è che sarete pecore, che vi piegherete completamente alle usanze, che vi vestirete come vuole la moda, che passerete il tempo come vuole la moda. Rifletteteci, ne avete l'età. don Lorenzo Milani

mercoledì, agosto 16, 2023

Banalità del male

Il male non è mai straordinario ed è sempre umano. Divide il letto con noi e siede alla nostra tavola. Wystan Hugh Auden

martedì, agosto 15, 2023

Mentre fai funzionare il cervello

Un figlio cresce dentro, anche se non te ne accorgi. Anche un figlio adottivo. Mentre tu fai funzionare il cervello, lui si annida nel tuo cuore. Quando accade questo sei perduta, perché nulla riuscirà a strapparlo dalla posizione che ha conquistato guardandoti negli occhi. Marina Ricci, "Govindo. Il dono di Madre Teresa" (Edizioni San Paolo, 2016)

lunedì, agosto 14, 2023

domenica, agosto 13, 2023

Memorie di Adriano

Mio caro Marco, sono andato stamattina dal mio medico, Ermogene, recentemente rientrato in Villa da un lungo viaggio in Asia. Bisognava che mi visitasse a digiuno ed eravamo d'accordo per incontrarci di primo mattino. Ho deposto mantello e tunica; mi sono adagiato sul letto. Ti risparmio particolari che sarebbero altrettanto sgradevoli per te quanto lo sono per me, e la descrizione del corpo d'un uomo che s'inoltra negli anni ed è vicino a morire di un'idropisia del cuore. Diciamo solo che ho tossito, respirato, trattenuto il fiato, secondo le indicazioni di Ermogene, allarmato suo malgrado per la rapidità dei progressi del male, pronto ad attribuire la colpa al giovane Giolla, che m'ha curato in sua assenza. È difficile rimanere imperatore in presenza di un medico; difficile anche conservare la propria essenza umana: l'occhio del medico non vede in me che un aggregato di umori, povero amalgama di linfa e di sangue. E per la prima volta, stamane, m'è venuto in mente che il mio corpo, compagno fedele, amico sicuro e a me noto più dell'anima, è solo un mostro subdolo che finirà per divorare il padrone. Basta... Il mio corpo mi è caro; mi ha servito bene, e in tutti i modi, e non starò a lesinargli le cure necessarie. Ma, ormai, non conto più, come sostiene ancora Ermogene, sulle virtù prodigiose delle piante, sulla dosatura precisa di quei sali minerali che s'è recato a procurarsi in oriente. È un uomo fine; eppure, m'ha propinato formule vaghe di conforto, troppo ovvie per poterci credere; sa bene quanto detesto questo genere d'imposture, ma non si esercita impunemente più di trent'anni la medicina. Perdono a questo mio fedele il suo tentativo di nascondermi la morte. Ermogene è dotto; è persino saggio; la sua probità è di gran lunga superiore a quella d'un qualunque medico di corte. Avrò in sorte d'essere il più curato dei malati. Ma nessuno può oltrepassare i limiti prescritti dalla natura; le gambe gonfie non mi sostengono più nelle lunghe cerimonie di Roma; mi sento soffocare; e ho sessant'anni. Non mi fraintendere: non sono ancora così a mal partito da cedere alle immaginazioni della paura, assurde quasi quanto quelle della speranza, e certamente assai più penose. Se occorresse ingannarmi, preferirei che lo si facesse ispirandomi fiducia; non ci rimetterei più che tanto, e ne soffrirei meno. Non è detto che quel termine così vicino debba essere imminente; vado ancora a letto, ogni sera, con la speranza di rivedere il mattino. Nell'ambito di quei limiti invalicabili di cui t'ho fatto cenno poc'anzi, posso difendere la mia posizione palmo a palmo, e persino riconquistare qualche pollice di terreno perduto. Ciò nonpertanto, sono giunto a quell'età in cui la vita è, per ogni uomo, una sconfitta accettata. Dire che ho i giorni contati non significa nulla; è stato sempre così; è così per noi tutti. Ma l'incertezza del luogo, del tempo, e del modo, che ci impedisce di distinguere chiaramente quel fine verso il quale procediamo senza tregua, diminuisce per me col progredire della mia malattia mortale. Chiunque può morire da un momento all'altro, ma chi è malato sa che tra dieci anni non ci sarà più. Il mio margine d'incertezza non si estende più su anni, ma su mesi. Le probabilità che io finisca per una pugnalata al cuore o per una caduta da cavallo diventano quanto mai remote; la peste pare improbabile; la lebbra e il cancro sembrano definitivamente da escludere. Non corro più il rischio di cadere ai confini, colpito da un'ascia caledonia o trafitto da una freccia partica; le tempeste non hanno saputo profittare delle occasioni loro offerte, e sembra avesse ragione quel mago a predirmi che non sarei annegato. Morirò a Tivoli, o a Roma, tutt'al più a Napoli, e una crisi di asfissia sbrigherà la bisogna. Sarà la decima crisi a portarmi via, o la centesima? Il problema è tutto qui. Come il viaggiatore che naviga tra le isole dell'Arcipelago vede levarsi a sera i vapori luminosi, e scopre a poco a poco la linea della costa, così io comincio a scorgere il profilo della mia morte. Vi sono già zone della mia vita simili alle sale spoglie d'un palazzo troppo vasto, che un proprietario immiserito rinuncia ad occupare per intero.

Incipit del romanzo del premio Nobel per la letteratura Marguerite Yourcenar «Memorie di Adriano» (Torino, Einaudi, 1953, pp. 344, euro 13). L'Osservatore Romano, 31 luglio 2023


sabato, agosto 12, 2023

La rivoluzione in autobus

Alla fine Dio usò una semplice corsa d'autobus per compiere più di quello che noi avremmo mai potuto sognare. Rosa Parks,  "La rivoluzione in autobus", Gianni Maritati (Città Nuova, pagine 104, euro 14,90)

venerdì, agosto 11, 2023

Ascolto

Se si parla, agli altri qualche volta si può piacere; se si ascolta, si piace sempre! Otto Bismarck

giovedì, agosto 10, 2023

Non è un hobby

Il suo lavoro consisteva nello stare in chiesa con le spalle erette e il mento puntato verso l'alto, e far comprendere alla sua congregazione che essere cristiani non era un hobby. Essere cristiani era una cosa seria. Significava chiedersi a ogni passo del proprio cammino: in che modo posso servire al meglio la causa dell'amore?

Tyler Caskey, il pastore della comunità protestante di West Annett, immaginata dall'americana Elizabeth Strout nel suo bellissimo romanzo Resta con me (Fazi). (Citazione di Lorenzo Fazzini, "Dio tra le righe", Avvenire)

mercoledì, agosto 09, 2023

martedì, agosto 08, 2023

La canzone che siamo

Cinquanta anni fa Bob Dylan compone una canzone, quasi un inno religioso, intitolata Forever Young, scritta inizialmente come ninna-nanna per il figlio più grande, Jesse, in cui gli augura alcune belle fortune e chiude con questa preghiera: May your song always be sung ("Possa la tua canzone essere sempre cantata"). Non è un tema nuovo, è l'idea che ogni essere umano abbia una canzone, anzi sia una canzone che prima, durante e dopo l'esistenza, viene cantata. In quello strano posto ricco di tante cose che è la Rete si può trovare un post che parla di quello che accade nella tribù Himba della Namibia, nell'Africa meridionale, quando una donna decide di avere un figlio: la donna esce dal villaggio, si sistema e si riposa sotto un albero, e ascolta finché non sente il canto del bambino che vuole nascere. E dopo aver sentito il canto di questo bambino, torna dall'uomo che sarà il padre del bambino per insegnargli quel canto. E poi, quando fanno l'amore per concepire fisicamente il bambino, cantano la sua canzone, per invitarlo. Quando la madre è incinta, insegna questo canto alle levatrici e alle anziane del villaggio. Così, quando nasce il bambino, le vecchiette e le persone intorno a lui cantano la sua canzone per dargli il benvenuto. Man mano che il fanciullo cresce, gli altri abitanti del villaggio imparano la sua canzone. Quindi se il bambino cade, o si fa male, trova sempre qualcuno che lo rialzi e gli canti la sua canzone. Allo stesso modo, se fa qualcosa di meraviglioso, o passa con successo attraverso i riti di passaggio, la gente del villaggio canta la sua canzone per onorarlo. Non solo onori, ci sono anche le ombre. Anche lì serve la canzone. Se, in qualsiasi momento della sua vita, la persona commette un crimine o un atto sociale aberrante, l'individuo viene chiamato al centro del villaggio e le persone della comunità formano un cerchio intorno a lui. Poi cantano la sua canzone. La tribù riconosce che la correzione del comportamento antisociale non passa attraverso la punizione, ma attraverso l'amore e il ricordo dell'identità. Quando riconosci la tua canzone, non vuoi o non devi fare nulla che possa danneggiare l'altro. E infine, quando, invecchiando, quest'uomo giace nel suo letto, pronto a morire, tutti gli abitanti del villaggio conoscono la sua canzone e la cantano, per l'ultima volta. Viene in mente quel detto africano citato spesso dal Papa: per educare un bambino ci vuole un intero villaggio. L'educazione come fatto sociale. Come canto, secondo la saggezza Himba. La vita stessa come canzone. Come missione direbbe Papa Francesco, perché ogni uomo non solo ha, ma è, una missione. E il mondo si arricchisce della missione di ciascuno. Se un uomo diserta dalla propria missione, non corrispondendo alla sua vocazione (ed è facile smarrire la propria strada-missione-canzone), il mondo è più povero, come un coro senza quel timbro unico di voce, come un'orchestra senza quel particolare strumento, come una sinfonia senza una canzone. È bello, e sano, quindi tornare a cantare le ninne-nanne: sono molto di più di un modo per far addormentare i piccoli, sono al contrario un modo per svegliarli, invitarli e introdurli nel mondo, forti di un dono che li precede, li sostiene e proseguirà anche oltre la fine, perché ogni canzone deve always be sung.

Andrea Monda, L'Osservatore Romano, 28 luglio 2023