Dicono che un bambino piccolo non ci vede, però lei aprì gli occhi, e mi guardò. Era una creaturina piccolissima. Mentre la tenevo in braccio aprì gli occhi. Lo so che in realtà non mi scrutò in viso. La memoria può far apparire una cosa molto più densa di significato di quanto non fosse in realtà. Ma so che la bambina mi guardò dritto negli occhi. È una cosa bellissima. E sono contento di averlo capito allora, perché adesso, nella mia attuale condizione, adesso che sono in procinto di lasciare questo mondo, mi rendo conto che non c'è nulla di più straordinario di un viso umano. Ha a che fare con l'incarnazione. Quando hai visto un bambino e lo hai tenuto in braccio ti senti obbligato nei suoi confronti. Ogni volto umano esige qualcosa da te, perché non puoi fare a meno di capire la sua unicità, il suo coraggio e la sua solitudine. E questo è ancora più vero nel caso del viso di un neonato. Considero quest'esperienza una sorta di visione, altrettanto mistica di tante altre. Martin Scorsese legge alla figlia Francesca questo brano del romanzo "Gilead" di Marilynne Robinson, nella prima puntata di "Stories of a Generation", il documentario prodotto da Netflix e realizzato da Simona Ercolani con la consulenza di padre Spadaro che ha intervistato Papa Francesco sul tema del rapporto tra generazioni.
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