Se l'etica è un progressivo farsi, perché non pensare che i soggetti etici più appropriati siano le nuove generazioni?
Chi sta imparando a rapportarsi con la realtà, con la diversità, con la drammaticità della storia, con le incognite?
Chi è in costante dialogo con il mercato, la tecnologia, con le problematiche dei diritti?
Chi non trova spazio in questa storia e vaga in una sorta di nomadismo intellettuale, di posti di lavoro, esistenziale, se non i giovani?
A chi dire di non compiere più genocidi e rendersi conto delle sofferenze della storia?
A chi dire di non privare le persone e il cosmo dei loro diritti?
A chi ricordare il diritto alla libertà di stampa, di parola, di credo, di riunione, di associazionismo, di movimento, di protesta e di rifiuto di ciò che consideriamo falso?
A chi dire di coltivare ovunque l'uguaglianza e di uscire da una visione gerarchica della vita, di se stessi e della storia in generale, per superare ogni discriminazione di sesso, di condizione sociale, etnica, religiosa o politica?
A chi chiedere di riconoscere la "bellezza di tutti sotto il cielo", come recita un antico proverbio cinese, affinché tutti possano esercitare la propria iniziativa e liberare la propria creatività e decidere pacificamente il presente e il futuro?
A chi dire di non guardare con sospetto a ogni movimento migratorio, umano o animale che sia?
A chi ricordare i principi della democrazia?
A chi dire di coltivare la proprietà senza permettere che essa ci privi di altri diritti fondamentali?
A chi dare in custodia l'ambiente?
A chi chiedere di contribuire a un cambiamento del sistema economico attuale?
A chi ricordare che si può vivere solo nella solidarietà e nella sostenibilità?
A chi dire di inaugurare un diritto internazionale diverso?
A chi dire di abbandonare l'uso di combustibili fossili per forme di energia alternativa?
A chi dire di non usare né il denaro, né il progresso come strumenti di oppressione?
A chi dire che essere credenti oggi non significa seguire fanaticamente sistemi morali sicuri?
Credo infatti che il contributo delle religioni e delle loro lunghe tradizioni sapienziali dovrebbe essere analogo a quello della fisica quantistica, o fisica delle possibilità, che ha messo in moto nell'ambito della fisica teorica la ricerca di nuove frontiere.
A chi dire dunque che le religioni, di per sé, nascono dal desiderio umano di legare il finito con l'infinito, di scoprire trame nascoste?
A chi, se non ai giovani?
Antonietta Potente, "Un bene fragile. Riflessioni sull'etica", Oscar Mondadori
Nessun commento:
Posta un commento