Una Chiesa ospedale e ospitale (la radice è la stessa) che sovviene e accoglie, secondo un gesto antichissimo, omerico: «oportet hospitem praesentem honorare»; l'ospite, il forestiero, il migrante, lo sperduto è così sacro che sin dalla Regula monachorum di san Benedetto essi hanno un posto preminente: «Abbia sollecita premura [scil.: il «cellelario»] dei malati, dei piccoli, degli ospiti e dei poveri con la massima diligenza, ben sapendo che nel giorno del giudizio dovrà rendere conto di tutte queste persone affidate alle sue cure [XXXI, 9]», e in specie in tutto il cap. LIII, De hospitibus suscipiendis, loro dedicato: «1. Tutti gli ospiti che giungono in monastero siano ricevuti come Cristo, poiché un giorno egli dirà: "Sono stato ospite e mi avete accolto" e a tutti si renda il debito onore»; così forte l'esigenza di chi bussa che, per lui, anche il digiuno può essere infranto: «leiunium a priore frangatur propter hospitem». Tratto da "La franchezza di Francesco" di Carlo Ossola, Il Sole 24 Ore, domenica 11 gennaio 2015
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