Cercate di capirmi: non era giorno, ma la notte era diventata più chiara del giorno e la musica veniva da esseri che non vedevo, ma che sentivo: dovevano essere senza numero. Cantavano meglio dei mandriani della mia terra lontana. La donna era seduta sullo strame, e l'uomo chino presso di lei. C'era tanta luce che non so di dove venisse, se dalla donna o da dove. Poi vidi. Aiutata dall'uomo, la donna cercava di fasciare alla meglio un bambino. Era nato un bambino mentre io sonnecchiavo. Lo vedevo sotto i miei occhi, in grembo alla donna che lo baciava. Era un bimbo piccolo come gli altri. Eppure, ad un tratto, quando i miei occhi lo guardarono meglio, mi sentii come inaridire le vene dalla gioia. Non sapevo perché, ma fui sicuro che il mondo era cambiato. Mi sentii intenerire. Feci un raglio di giubilo, ma discreto; fu la prima volta che ragliai sottovoce. E, insieme al bue, cominciai a leccare il bambino e a fiatargli sopra, perché non tremasse troppo. Poi capitò tanta gente con doni e feste, ma i primi a fargli compagnia fummo il bue e io. L'uomo non capisce perché guardo sempre per terra, e perché ogni tanto raglio senza motivo. È perché per me il cielo l'ho visto la prima volta per terra, in grembo a una donna, e a ogni passo che faccio, sotto qualunque soma, ho l'assurda speranza di rivederlo ancora, prima di rientrare nel mio nulla. Nemmeno sa l'uomo perché sono paziente e quasi mai mi ribello alla sua durezza. È perché l'unica volta che ho carezzato il mio Creatore, quella notte, anch'egli aveva la forma d'un figlio di donna.
Nazareno Fabretti
Nessun commento:
Posta un commento